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SPAGHETTI AL POMODORO, OVVERO LA DIETA
MEDITERRANEA
ANCHE PER AIDEPI PIATTO SIMBOLO DELL’
EXPO
Joe
Bastianich ha scelto questa ricetta per rappresentare la sua visione di Expo
2015.
AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta) sostiene
questa candidatura:
“Gli
spaghetti al pomodoro sono anche per noi il piatto simbolo di un’alimentazione
sana ed equilibrata
che trova
nei carboidrati complessi la scelta vincente in chiave di gusto e salute. E’
anche la ricetta di pasta più amata dagli italiani”. Dati Doxa/AIDEPI, il 67%
dei nostri connazionali preferisce gli spaghetti a qualsiasi altra tipologia di
pasta e il sugo di pomodoro, con il 28% delle preferenze, “batte” ogni altro
condimento. Omaggio alla ricetta di pasta più amata e imitata al mondo.
Tra
rivisitazioni dei grandi chef, storia, letteratura e stereotipi duri a morire…
Joe
Bastianich, che ha scelto gli spaghetti al pomodoro come ricetta per
rappresentare il suo modo di vedere l’Expo di Milano, ha spiegato la scelta
alla sua maniera: “E’ la ricetta più
semplice, bella e buona, come me". Nel suo giudizio sugli spaghetti al pomodoro, scopriamo però che il
giudice di Masterchef è in buona compagnia. Gli spaghetti hanno successo
anche in Usa, dove 8 americani su 10 mangiano pasta una volta a settimana e per
il 40% di loro gli spaghetti sono il formato senza rivali… tanto che anche per
la festa di San Patrizio fanno furore sul web ricette in versione green, come
gli spaghetti all’avocado rilanciati su Foodsta.com, uno dei
blog più seguiti negli States.
Stessa musica anche nel Bel Paese: per gli italiani sono gli spaghetti il
formato preferito. E la salsa al pomodoro il condimento più amato. Candidando
quindi questo piatto, dall’alto dei nostri consumi (siamo leader mondiali con
26 kg pro capite), a ricetta più amata e consumata al mondo. Secondo una
ricerca Doxa/AIDEPI, il 67% dei nostri
connazionali preferisce gli spaghetti a qualsiasi altra tipologia di pasta,
battendo, anche se solo di un’incollatura, la pasta corta (64% per fusilli,
rigatoni penne), mentre lasagne, farfalle, tagliatelle e cannelloni (tutti con
gradimenti compresi tra il 28% e il 35%), restano indietro di parecchie
lunghezze. Tra i condimenti preferiti
dagli italiani, vince proprio il sugo con il pomodoro (28%), davanti al
ragù di carne (26%) e, lontanissimi, frutti di mare, carbonara e pesto alla
genovese (tutti tra il 5% e il 7%).
Anche sul
web lo spaghetto “batte” tutti i formati concorrenti: con 122 milioni di
citazioni nella ricerca su google, solo le penne riescono a tenergli, in
qualche modo (20 milioni di citazioni), testa, mentre tutti gli altri formati
più noti (dai rigatoni alle tagliatelle, dalle fettuccine ai tonnarelli, dalle
farfalle ai paccheri ai fusilli) insieme raggiungono appena i 18 milioni di
ricorrenze.
“Condividiamo
la scelta di Bastianich – afferma Riccardo Felicetti, Presidente del Gruppo
Pasta di AIDEPI – e accettiamo anche
noi di sostenere, come AIDEPI, gli spaghetti al pomodoro come piatto simbolo
dell’EXPO, perché rappresenta alla perfezione
un’alimentazione sana ed equilibrata che trova nei carboidrati complessi
la scelta vincente in chiave di gusto e salute. Gli spaghetti al pomodoro sono probabilmente la
ricetta simbolo della cucina italiana nel mondo, quella che più ci rappresenta.
E noi siamo orgogliosi di avere contribuito a costruire questo mito del Made in
Italy alimentare. Un piatto ‘perfetto’ proprio perché semplice, iconico perché
immediato, evocativo nei suoi colori e nella sua genuinità. Expo è il momento
ideale per riscoprire la tradizione e la modernità di questo piatto”.
confit,
affumicati, con triplo pomodoro o… senza: il piatto nazionale secondo i grandi
chef
Spaghetti o vermicelli (dunque) di
grano duro, pomodoro San Marzano o pomodorino del Piennolo, olio extravergine
di oliva e una foglia di basilico: si dice che il
piatto di pasta più difficile per uno chef sia proprio questo, perché la
semplicità della pasta è al contempo raffinatezza ed equilibrio.
Il grande Fulvio Pierangelini a questa ricetta ha dedicato una lezione
all'Università di Parma. Ricordando che, ai tempi del ristorante Gambero Rosso,
ne curava in prima persona la preparazione, perché “per fare un piatto che tutti conoscono come lo spaghetto al pomodoro
bisogna amarlo, conoscere le materie prime, saperle rispettare.” Ma non si
contano le reinterpretazioni d’autore di questa ricetta. Nella versione di Davide Oldani, il tocco dello chef è la
cottura terminata nella salsa di pomodoro, con l’aggiunta di menta e pomodori
pachino canditi aggiunti a fine cottura. Davide
Scabin ha invece proposto a Fuorisalone 2014 lo “spaghetto pizza
margherita”, unendo nello stesso piatto due icone dell’Italia a tavola, con
l’aggiunta di pomodorini confit, qualche pezzetto di acciuga, provola
affumicata, lime e brodo di mozzarella.
Le “dritte” di Pino Cuttaia? Un leggero soffritto di aglio, ma in camicia, per non
farlo bruciare. Sì al basilico, ma meglio scegliere i germogli con la
fioritura, che non si ossidano e sono più profumati della foglia. E mai e poi
mai formaggio sulla pasta…
Per Ciccio Sultano nel sugo
va un blend di tre tipi di pomodoro (ciliegino per sapore ed acidità, rosso
ramato costoluto per la polpa, sanmarzano o piccadilly per la dolcezza). Mentre per Heinz
Beck gli spaghetti al pomodoro… sono senza pomodoro: Per emulare lo chef della Pergola, basta cuocere la pasta
non nella classica acqua bollente ma in un’acqua di pomodoro ottenuta filtrando
per una notte i pomodorini frullati e avvolti in un canovaccio.... L’acqua di
pomodoro così ottenuta trasferisce in cottura l’“essenza” del pomodoro al grano
della pasta. Il tocco finale, l'aggiunta delle vongole su una salsa al
basilico, prezzemolo e cerfoglio. La firma di Mauro Uliassi è il sapore di affumicato che richiama al palato e
alla memoria - le grigliate delle feste paesane, ottenuto con l’aggiunta alla
salsa di un brodo di anguilla affumicata. Elio
Sironi e Piero Parisi puntano invece sulla cottura passiva della
pasta: pochi minuti di bollitura – tra 2 e al massimo 4 – e via la pentola
dai fornelli, lasciata a riposare con il coperchio fino al raggiungimento del
tempo di cottura previsto. Così gli spaghetti conservano il loro amido... e in
più si risparmierà sulla bolletta del gas.
Spaghetti al
pomodoro story: tutto inizia a Napoli nel 1800…
E pensare che la storia degli spaghetti al pomodoro è relativamente
recente: degli spaghetti si ha notizia
già nel 1154 grazie al geografo
arabo Al-Idrisi, che nel suo “Il libro di
Ruggero” ci informa che “in Sicilia c’è un Paese chiamato Trabia…. dove si
fabbrica un cibo di farina a forma di fili in quantità tali da rifornire oltre
i paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani”. Tra i vari
termini utilizzati per definire questo alimento, comunemente detto itryya, c’era anche l’arabo fidaws (che, attraverso il castigliano fideos diventa l’italiano fidelini o fidellini). Ma il matrimonio tra gli spaghetti (o
vermicelli) e la salsa di pomodoro avviene solo all’inizio del 1800. Pochi
anni dopo la rivoluzione francese, a Napoli, “a pummarola” rivoluziona la
storia del nostro piatto nazionale, sancita nel 1837 dalla pubblicazione della
prima ricetta di “vermicelli al pomodoro” firmata Ippolito Cavalcanti,
conquistando la curiosità, prima, e l’apprezzamento di mezzo mondo - Italia
compresa, dopo l’unificazione del nostro Paese nel 1861.
Vero e proprio sinonimo di Made in Italy, gli
spaghetti (al pomodoro e non) hanno saputo precedere, accompagnare e poi
sintetizzare – nel bene e nel male, tra verità e pregiudizio - la nostra stessa
identità nazionale.
Rivelano la
loro anima nazionalpopolare grazie a
Trilussa e al sonetto La politica,
del 1915, riuscendo nel miracolo di mettere d’accordo una famiglia composta
da un padre democratico-cristiano e da tre figli (socialista, monarchico e
repubblicano) dalle idee politiche molto diverse: “… appena mamma/ ce dice che so cotti li spaghetti/semo tutti d’accordo
ner programma”. Mentre Prezzolini scriveva che “gli spaghetti hanno diritto d’appartenenza alla civiltà italiana come
e più di Dante”.
non c’è
emigrante senza spaghetti. e il termine diventa sinonimo di italiani
Gli spaghetti viaggiano nelle stive dei Transatlantici con cui milioni
d’italiani, in varie ondate tra le fine dell’Ottocento e la prima metà del
Novecento, inseguono i loro sogni di emigranti in cerca di pane e lavoro. I
Fratelli Marx, in uno dei loro film più celebri, Una notte all’opera, documentano questa realtà immaginandosi
clandestini in rotta verso New York, affamati e pronti a sognare (prima) e ad
abbuffarsi, poi, con una montagna d’italianissimi spaghetti. Per gli emigranti
– e per chi li guarda e giudica, non sempre con benevolenza – gli spaghetti
cominciano a diventare tratto indelebile d’identità nazionale. Sono un segno,
ostentato con orgoglio, del loro essere, per sempre e nonostante tutto,
italiani.
Al limite, nella logica dell’accettazione del cosiddetto sogno
americano, si accetterà la contaminazione, e ne nascerà il piatto simbolo
dell’opulenza raggiunta: gli spaghetti “meat balls”, immortalati da Disney in Lilli e il Vagabondo. E cioè gli
spaghetti con le polpette sopra. Carne e pasta, primo e secondo: così la fame,
e la povertà, sono solo un lontano ricordo.
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